Dalla Sardegna all'Irlanda

By Laura e Alfredo

Cagliari - Porto Torres - Barcellona - Toulouse - Bordeaux - La Rochelle Ile de Re - Rennes - Roscoff - Rosslare - Limerick - Galway - Ashford - Sligo - Donegal - Londonderry - Belfast - Dublino - Youghal - Cobh - Killarney -  Tramore - Cork - Rosslare - Cherbourg - Mont Sant Michelle - Nantes  - Lourdes - Andorra - Barcellona - km. 7.000

Avevamo appena saputo che non saremmo potuti andare all’internazionale italiano per motivi di lavoro, quando abbiamo deciso di programmare un viaggio in Irlanda durante le vacanze di agosto.

Comincia la ricerca di qualche consiglio di chi già c’era stato. Uno in particolare mi colpisce. Era su come fare i bagagli: “Considerate che: 1) oggi sicuramente piove. 2) domani sicuramente piove!”. Ce ne facciamo una ragione… insomma è solo acqua!

Arriva finalmente il giorno della partenza. Il viaggio inizia alle 3 del mattino da Cagliari per prendere la nave che da Porto Torres ci porterà a Barcellona e da li subito passare il confine con la Francia.

Nei giorni successivi visitiamo alcune città francesi:

Toulouse, la città rosa; Bordeaux, cittadina in cui l’architettura di varie epoche si miscela con straordinaria armonia; La Rochelle, che si affaccia sull’oceano Atlantico col suo porto brulicante di gente. Continuiamo per tutta la costa ovest della Francia e per la Bretagna, arriviamo a Roscoff, dove prenderemo il traghetto che ci porterà a destinazione.

Domani saremo su un’altra isola, in un altro porto, con un’altra bandiera davanti…

Finalmente l’Irlanda.

L’impatto con la guida a sinistra più che spaventarci ci diverte. Ci incasiniamo un pochino ma notiamo che la gente si fa una risata e ci lascia passare.

La nostra prima tappa è Galway, in un B&B. I proprietari sono molto gentili e disponibili e la casa davvero bella. Il giorno dopo il padrone di casa ci offre la nostra prima Irish breakfast a base di salmone fresco appena cucinato… inusuale per noi, ma davvero ottimo! Credo sia stato allora che siano svaniti come per magia tutti quei buoni propositi sul non esagerare col cibo…

Gironzoliamo per Galway, una cittadina antica, ma dal carattere giovane e frizzante. Percorriamo il dedalo di stradine colorate del suo centro e scegliamo un pub tipico dove provare lo stouth, il piatto tipico… nient’altro che uno spezzatino con verdure bollite. Dopo la serata andiamo a riprendere la moto nel garage in cui l’avevamo lasciata, ma ci aspetta una brutta sorpresa…non riusciamo più a togliere l’antifurto, forse a causa di un’interferenza o di qualche contatto. Il gestore del garage, ex possessore di Goldwing, cerca di aiutarci come può, con consigli ed attrezzi. Fortunatamente, dalla Sardegna ci viene in aiuto il nostro fidato light-man Stefano. Al telefono ci guida nello smontaggio del sistema e nel ricollegamento attraverso connessioni di fili elettrici… per qualcuno sarà anche una sciocchezza, ma noi, in mezzo alla strada, all’una del mattino e con la moto mezzo smontata non eravamo proprio a nostro agio!!!

L’indomani carichiamo la moto, sotto la prima pioggia Irlandese e iniziamo il giro dell’Irlanda dell’Ovest. Andiamo in giro per il Burren, con il suo puzzle di pietre e il Connemara in un succedersi di paesini e villaggi di pescatori con casette coloratissime.

Visitiamo le Cliffs of Moher, impressionanti scogliere nella baia di Galway, scolpite dalla forza dell’Oceano Atlantico. Davvero impressionanti e rese ancora più drammatiche dal cielo che improvvisamente diventa plumbeo e prepara un nuovo acquazzone.

Ci dirigiamo verso la zona dei laghi e arriviamo al castello di Ashford, sulle rive del Lago Corribh, attraverso un paesaggio fiabesco dove i boschi fitti si alternano a spazi sconfinati.

Qui vivremo uno dei momenti più emozionanti dell’intera vacanza, una passeggiata con un’aquila della falconeria della tenuta di Ashford, la più antica della nazione. Valeva proprio la pena... è veramente una cosa unica. Ovunque tu vada lui ti segue silenzioso e in disparte per arrivare in un battito d’al non appena tu lo richiami.

 

Il giorno dopo è la volta del Donegal, con la sua costa selvaggia e una natura quasi incontaminata. Decidiamo di visitare la Slieve Leauge, la più alta catena montuosa della zona, che nel versante meridionale precipita direttamente nell'Oceano Atlantico ad altezze impressionanti. Si potrebbe pensare che le scogliere siano tutte uguali e che vista una non valga la pena vederne altre. Invece no! La sensazione che ti da questo posto vale il percorso che bisogna fare per arrivarci, una sensazione di impotenza, meraviglia e grandezza. Siamo così piccoli davanti a tutto questo e la natura sembra volercelo dire a gran voce inscenando un tramonto suggestivo in un cielo caotico in cui la luce si insinua  tra le nuvole creando singolari chiaroscuri.

 

Rientriamo a Donegal, paesino che dà il nome alla regione, ed è proprio qui che ci imbattiamo nell’ospitalità sincera e non formale di questa gente. Vedendoci cenare una coppia ci invita a seguirla nel pub in cui avremmo trovato la serata giusta. Seguirli si rivela la scelta giusta. Nel locale mentre un immancabile trio suona musica tradizionale, tre ragazze improvvisamente iniziano a ballare la danza tipica irlandese. Sembrano così serie, i loro visi sono impassibili, le braccia rigide e inespressive e i pugni chiusi in una forte stretta… ma i piedi… i piedi e le gambe si muovono in un ritmo frenetico, al doppio del ritmo della musica. Si muovono così veloci che si fa fatica a capire… le loro scarpe battono così forte da sfidare gli strumenti in un crescendo di musica incalzante. La loro danza finisce tra gli applausi e quei volti prima impassibili, ora sorridono grati, coinvolgono i presenti, insegnano come si fa, rallegrando la serata.

E allora eccoci qui, contro il luogo comune che vuole noi sardi chiusi, ad aprirci a questa gente, a farci coinvolgere dal loro entusiasmo. Entriamo nei locali dei paesini che all’arrivo ci erano sembrati desolati e capiamo di esserci sbagliati. Questa gente si raduna e sembra non soffrire il mal tempo. Nei locali si suona, si canta e si balla. La gente non ha paura di improvvisare e di lasciarsi andare… probabilmente anche complice l’immancabile bicchiere pieno!

Loro ci vedono e subito vogliono sapere tutto: da dove arriviamo, come siamo venuti e che cosa vogliamo vedere della loro terra. Quando capiscono che arriviamo dalla Sardegna e per di più in moto, tutti rimangono stupiti per la distanza e ancor di più per aver barattato delle vacanze al sole con la loro pioggia. Ci lasciamo coinvolgere e loro ci raccontano la loro di storia.

L’indomani ci dirigiamo verso l’Irlanda del Nord. Qui un paesaggio favoloso si unisce a una storia tormentata e non lontana di cui oggi si avverte ancora il peso grazie anche ai murales e ai messaggi che dominano su alcuni muri nella città di Londonderry.

Abbiamo notato l’amore di questa gente per le bandiere. Ci accorgiamo di essere passati in un’altra nazione non certo per l’attraversamento di una dogana o di un confine, ma dal cambio delle bandiere nelle case. Si, in Irlanda ogni casa ha un giardino e ogni giardino ha la sua bandiera e non importa che sia della nazione, della contea o della città, l’importante è che sventoli fiera!

Facciamo rotta ancora più verso nord e scegliamo di percorrere la Causeway Coastal Route. Dicono che sia una delle strade panoramiche più scenografiche al mondo e che dietro ogni curva può esserci una sorpresa. Incrociamo così le rovine del Castello di Dunluce, spicchi di spiagge bianche e il paesino di Bushmills in cui si dice che sia stato inventato il whiskey.

Finalmente arriviamo all’attrazione maggiore della zona, Giant’s Causeway, il sentiero del gigante. Tutelato dall’Unesco per la sua unicità, conta ben 40.000 colonne di basalto, create circa 55 milioni di anni fa a seguito di un’eruzione vulcanica la cui lava si cristallizzò a contatto con le acque fredde dell’oceano in queste singolari forme esagonali che assomigliano a matite rovesciate. Che sensazione. Vorremmo passare su ogni pietra e pensiamo che per quante foto abbiamo visto di questo posto prima di partire, niente gli rende giustizia come venirci di persona.

   

Lasciata questa meraviglia ci dirigiamo verso Carrich-a-rede, il famoso ponte di corda che unisce la terraferma ad un isolotto. Attraversando il ponte ci percorre un leggero brivido. Non sappiamo se sia di paura, dovuto all’altezza e alla precarietà del ponte o per la bellezza del mare. Nonostante siamo abituati a belle coste e al mare limpido questo riesce a stupirci per la mescolanza di colori… Ma non è l’unica cosa a sorprenderci… mentre camminiamo nella campagna per arrivare al ponte, sotto un sole che spacca le pietre e che ci fa lasciare tutti i giubbotti nella moto, il cielo in preda ad uno dei suoi capricci irlandesi, si oscura e un temporale ci investe prima ancora che possiamo pensare se tornare indietro. Siamo fradici e immersi nel fango, ma alla fine ci viene da ridere e tutto diventa ancora più divertente quando superiamo un gruppetto di italiani con la loro camicina a righe e le scarpette improbabili completamente zuppi e imbestialiti!

Da li andiamo verso Belfast. Nella confusione della pioggia dimentichiamo di puntare le coordinate su una strada che ci avrebbe dovuto portare verso un posto molto particolare. Ma alla fine, dopo aver cambiato direzione più volte e completamente inconsapevoli ce lo troviamo davanti. Eccolo li, Dark Hedges, un tratto di strada con due file di alberi intrecciati tra loro, un fenomeno naturale che sembra uscito da un film di Tim Burton. Siamo soli… noi e la nostra moto… molto suggestivo…

Dopo una giornata ricca di emozioni arriviamo a Belfast. L’albergo non ha un parcheggio chiuso a causa di lavori in corso. Ci rifiutiamo categoricamente di lasciare la moto all’aperto e in balia dei curiosi e così il direttore trova una soluzione alternativa: ci offre di parcheggiare la moto dentro la sala congressi dell’hotel. Fa passare Alfredo dall’ingresso principale, sopra la moquette, e mentre attraversa la hall e il bar con tutti i suoi led accesi, vedo in lui un’espressione insieme incredula e soddisfatta, come se tutte quelle lucine stessero aspettando proprio quel momento per brillare!

È lunedì, è tardi e le cucine di pub e ristornati son già chiuse. Non rimane che bere una birra nei famosi Crowne Bar e Robinson Bar. Passiamo anche qui una serata piacevole con la birra in mano e la sensazione di essere dentro una scatola di sardine per quanto i locali son pieni... ma non era lunedì?!?

L'indomani iniziamo il viaggio verso Dublino. I due giorni che trascorreremo qui saranno caratterizzati dalla pioggia: torrenziale e con vento per tutti i 160 km del tragitto e con incessante intermittenza durante le nostre passeggiate cittadine.

Arrivando l'atmosfera inizia a cambiare. Per giorni non avevamo più visto palazzi o palazzine, neanche con pochi piani... solo case. Ha tutta l'aria di essere una città grande, fiorente e turistica. Ci catapultiamo subito in centro e gironzoliamo fino a sera per le stradine di Temple Bar, i pub pieni di gente e i negozietti di souvenir.

Come tutte le grandi città offre di tutto per tutti: bei negozi, parchi e giardini, un centro turistico e frizzante, cultura, architettura, storia e una rilassata periferia. Ed è proprio nella periferia che ci dirigiamo il giorno dopo. Arriviamo al vecchio porto ancor attivo di Howth a pochi km dalla città, lungo la baia. Camminiamo sul promontorio da cui la vista sul faro di Bayles è spettacolare. Da qui, avvolta dalla luce soffusa e nella nebbiolina la città sembra ancora più intrigante.

Ci godiamo un po' di atmosfera locale e vedendo i pescatori rientrare dal mare e scaricare le loro reti decidiamo di pranzare in una piccola trattoria appena rifornita. Ci godiamo un ottimo pasto a base di ostriche, cozze e scampi freschi!

Decidiamo che non possiamo andare via da Dublino senza aver visto due dei posti storici più visitati della città: il Trinity college e la Guinnes storhouse... prima il dovere e poi il piacere!

È venerdì mattina e ci alziamo prestissimo. Dobbiamo arrivare a Youghal, località del raduno internazionale entro le 9 per iscriverci e partecipare al giro. Il tempo è clemente e la strada libera, così non ci mettiamo molto. Appena varchiamo le porte del raduno veniamo accolti con calore. Icontriamo Maurizio e Barbara, arrivati il giorno prima e stoicamente in campeggio... Giusto il tempo di iscriverci e il tour parte. La strada si addentra in strade pittoresche in mezzo ai boschi, con curve divertenti che sembrano non finire mai. La sera organizziamo una cenetta tra italiani e ci conosciamo meglio... è stata proprio una serata piacevole e alla fine mentre qualcuno di noi torna nel b&b qualcun altro torna nell'allegra palude.

Il giorno dopo seguiamo il giro proposto dagli organizzatori. Arriviamo a Cobh, ultimo porto di chiamata del Titanic, che qui è ampiamente celebrato. Al rientro è davvero bello vedere le moto sfilare con le bandiere di tutte le nazioni partecipanti.

Riflettiamo sul fatto che è la prima volta che partecipiamo ad un raduno Goldwing senza il resto degli amici sardi e un po' ci mancano... questo viaggio sarebbe piaciuto molto anche a loro. Si fa sera, arriva l'ora della cena a cui segue la premiazione e noi italiani siamo tutti riuniti intorno a un tavolo.

È un bel momento. Viene chiesto un minuto di silenzio per ricordare i soci e gli amici scomparsi nell'ultimo anno, tra cui Sergio Caffarelli.

Inizia poi la premiazione e noi ci guadagnamo il terzo posto, dopo la Gran Bretagna e l'Austria, ma la vera sorpresa è stata quando mi hanno spedita a ritirare il premio. Ho obiettato che sarebbe stato più giusto che andasse un pilota, ma alla fine, dopo una lunga insistenza (durata circa 10 secondi) mi sono lasciata convincere ed emozionata e fiera come una bambina ho ritirato il nostro premio.

La stessa sera abbiamo salutato tutti e l'indomani ci siamo diretti verso gli ultimi nostri due giorni in Irlanda... abbiamo lasciato quella che molti ritengono la parte più suggestiva alla fine. La nostra base sarà Killarney, ma esploreremo tutto il Kerry. Gireremo per queste penisole chiamate le Five Fingers, perché assomigliano alle 5 dita di una mano. Chilometri di coste frastagliate che si protendono verso l'oceano e dove il verde e il blu si contendono il panorama da cartolina.

A Youghal una coppia di irlandesi ci consiglia di non perdere la penisola del Beara. Abbiamo imparato in questo viaggio ad ascoltare i consigli delle persone del posto. Ci colpisce molto la penisola del Beara, poco turistica e quindi molto suggestiva. La percorriamo interamente sotto la pioggia tra passi e valli e lungo la strada non incontriamo altro che la natura non alterata dall’uomo.

Arriviamo a Killarney, che sarà la nostra base per i prossimi due giorni fino alla partenza. Da qui l’indomani iniziamo il nostro giro del Ring of Kerry. Un percorso ad anello che si snoda per km e km. L’abbiamo lasciato per ultimo visto che in molti dicono che sia la parte più bella dell’intera isola… in realtà abbiamo difficoltà a fare una scelta… i posti che abbiamo visto fino ad oggi sono così tremendamente diversi e così unici che sembra impossibile decidersi.

La giornata è meravigliosa e ci godiamo questo percorso in cui le emozioni si alternano come i panorami… La strada è angusta e contorta, ma ci conduce in campi di così tanti verdi diversi che non riusciamo più a contarli. Rallentiamo e assaporiamo ogni metro, ogni momento… c’è silenzio e davanti a noi solo sabbia bianca, mare turchese e cielo limpido … e il silenzio è rotto solo dal rumore della nostra moto che attraversa fiera questo angolo di mondo.

Percorriamo anche il Ring of Skellig, un anello nell’anello, e ci spingiamo fino a Valentia Island, collegata tramite un ponte. Risalendo la penisola decidiamo che l’anello non va ancora chiuso e proseguiamo per Dingle e l’omonima penisola.

Andando via puntiamo per il Connor Pass e una volta arrivati in cima, capiamo dov’erano ambientati tutti quei video visti su youtube in cui la strada, nonostante il doppio senso di marcia era così stretta da non permettere il passaggio di una macchina e una moto contemporaneamente. Bisogna guardare l’altro lato della montagna per capire se stia arrivando una macchina e decidere a distanza chi dei due si fermerà… e se l’intuizione è sbagliata si deve tornare indietro fino a uno slargo… che non c’è!

Nel punto più alto troviamo addirittura la nebbia. Siamo solo a 600 metri, ma sembriamo in alta montagna… da non credere! Siamo nel cuore della Gaeltacht, zona dove viene conservata gelosamente la cultura gaelica, la gente parla un’altra lingua e la strada diventa sempre più suggestiva.

Tornando indietro decidiamo di rientrare a Killarney allungando dal Gap of Dunloe. Cavolo… è meraviglioso! Una stradina si inerpica per la montagna attraversando laghetti e ponticelli. Con il sole ancora alto è uno spettacolo indimenticabile. Siamo completamente soli ed è meraviglioso.

Proseguiamo e arriviamo al Moll’s Gap. Lo attraversiamo, ma qualcosa non quadra. Siamo soli da veramente molto tempo e iniziamo a chiederci se la strada porterà davvero da qualche parte ed è in quel momento che appare all’orizzonte una goldwing… quante probabilità c’erano che dopo due ore di solitudine totale immersi nel Killarney National Park l’unico mezzo a passare di li fosse una Goldwing?!? Ci ha ridato speranza: la strada era ancora lunga ma alla fine saremmo riusciti a tornare alla civiltà. Risalita finalmente la vallata ci siamo guardati indietro per capire che strada avessimo fatto ed era veramente incredibile. Eravamo un puntino in quella vastità.

L’indomani prepariamo i bagagli e con calma ci dirigiamo verso Cork per un’ultima visitina prima di andare a prendere la nave che da Rosslare questa volta ci porterà a Cherbourgh in Normandia.

Una volta ripresa la guida a destra iniziamo la nostra traversata della Francia. Stanotte dormiremo a Nantes, ma Mont Sant Michelle è troppo vicino per non lasciarsi tentare. Arriveremo tardi a Nantes, ma ne sarà valsa la pena. Rimaniamo piacevolmente impressionati da questo posto. Anche con la bassa marea è così irreale. Sfatiamo subito il mito che durante l’alta marea rimanga isolato in mezzo al mare. Non è così. La marea sale a una velocità impressionante e l’acqua ricopre velocemente la battigia che fino a poco prima ospitava le passeggiate dei turisti, ma la strada che lo collega alla terraferma non viene mai inondata ed è percorribile 24 ore su 24.

Entrando nel castello si torna indietro di vari secoli e l’atmosfera è proprio affascinante. Il tramonto col sole infuocato alle spalle del monte chiude con un tocco fiabesco la nostra visita.

Nei giorni successivi visitiamo Nantes e Lourdes e poi ripartiamo per Barcellona via Andorra. Decidiamo di fare la strada attraversando i Pirenei. Un altro spettacolo della natura. Qui le altezze si fanno più importanti e rimaniamo basiti quando vediamo dei ciclisti arrivare in cima pedalando. La strada continua a salire e prima o poi dovrà pur scendere. Bè, scenderà, scenderà… ma parecchio più tardi!

Dopo una capatina ad Andorra, puntiamo dritti verso Barcellona e con due ore di ritardo ci imbarchiamo. Domani saremo di nuovo a casa.

In nave ripercorriamo tutti i km fatti, le parole scambiate, le strette di mani, i villaggi attraversati. Ci è proprio piaciuta questa terra di smeraldo. È stato un viaggio incredibile e quando qualcuno ci chiederà com’era l’Irlanda risponderemo sapendo che non le renderemo giustizia né con i racconti né con le foto. Diremo che ci ha coinvolti e conquistati e che almeno una volta ogni motociclista dovrebbe far parte di quel bellissimo quadro.